Delicatezza
è la parola che viene inevitabilmente in mente a chi osserva un
quadro della pittrice lucana di origine ma lombarda di adozione, da
sempre amante del disegno e della pittura ma tardivamente approdata a
un vero e proprio studio della materia, apprendendo l’uso dei
colori grazie all’insegnamento prezioso del suo primo maestro,
Franco Migliaccio, diplomandosi alla Scuola Civica di Disegno e
Tecniche Pittoriche di Trezzano sul Naviglio e proseguendo il
percorso formativo presso lo Studio d’Arte del maestro Vittorio
Emanuele.
Il
carattere dolce e solare di Carmen emerge nelle sue tele così come è
evidente la sua capacità di interrogarsi, mettersi in discussione e
per questo evolvere; inizia con soggetti di paesaggi e di nature
morte in pieno stile figurativo in cui era già evidente la
leggerezza del tratto, la capacità di riempire i dipinti di
quell’atmosfera delicata tipica del periodo post impressionista.
Poi, proseguendo nel percorso esplorativo, si trova più a suo agio
nell’esplorare l’interiorità mista alla sensualità, in un lieve
equilibrio che si arricchisce di introspezione, di necessità di
andare oltre il gesto per rivelarne il significato più intimo,
quello che dalla maggior parte degli occhi non viene percepito mentre
ai suoi diventa dettaglio fondamentale dell’insieme. Infine, nella
produzione più recente si intuisce una virata verso il surrealismo
metafisico ma sempre con il suo tocco estremamente femminile,
incredibilmente estetico ma profondamente concettuale, un mondo in
cui la mitologia si intreccia con la sensualità, dove il classicismo
si avvolge di dettagli moderni, di tocchi di colore come il rosso, e
dove un paesaggio non è semplicemente qualcosa da descrivere bensì
diventa sogno, ricordo, qualcosa che rimane indelebile nella memoria
avvolto di odori, di colori, di rumori soffusi.
Nella
Dragone anche la danza non è solo movimento plastico, una
descrizione dei corpi che seguono il ritmo della musica, ma diventa
un fluttuare di tessuti, una magia di colori, un unisono di passione
e armonia che insieme generano arte; una natura morta diviene
simbolo, rientrando in una dimensione quasi onirica, dove tutto
significa altro da ciò che appare, dove una conchiglia è
incorniciata dal movimento impercettibile di una cordicella, dove un
fiore si raddoppia e diviene simbolo di peccato ma anche di
resistenza all’istinto di lasciarsi andare, dove una donna allo
specchio esprime l’aspettativa di ciò che verrà dopo.
Da
quando intraprende seriamente il percorso artistico, Carmen incontra
l’ammirazione del pubblico ma anche la stima degli addetti ai
lavori, ben felici di premiare con molti riconoscimenti il suo
talento nelle varie manifestazioni e collettive alle quali partecipa
in molte regioni d’Italia.
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